lunedì 24 novembre 2014

La lunga marcia

Ho trovato modo e tempo, in questi ultimi preoccupati giorni, di scorrere un vecchio libro della mia adolescenza. La Lunga Marcia, scritto da uno pseudonimo Richard Bachman, racconta una curiosa metafora sociale che, con un piccolo sforzo, potrebbe aiutarci a descrivere alcune particolarità odierne.
Vorrei applicare la tesi alla risposta politica che il M5S sembra navigare con molte difficoltà. I sommovimenti politici che da tempo ci vedono al centro delle preoccupazioni europee sembrano essersi definitivamente posti in stallo. I continui battibecchi intestini della presunta sinistra italiana hanno assunto la forma di quieta ninna nanna per gli ancora suoi convinti elettori: alcuni addirittura le considerano un notevole sforzo democratico; infatti pare che scindersi nominalmente, ma non di fatto, e contestare in pubblico gli atti erogati dal di loro governo ne giustifichi pienamente il diritto di continuo assenso ad ognuno di essi; siano palesemente pretestuali che contro ogni dichiarata obiezione precedente. Per contro, stesso gioco impartisce astutamente il corrispettivo, naturale, avversario politico, o almeno presunto tale, centro destra capitanato (ancora) dal Cavaliere. Abbondano dichiarazioni, hanno sempre abbondato, e probabilmente abbonderanno ancora, di stampo estremamente critico; ma la responsabilità, come tutti sappiamo, non può essere messa in disparte per un mero impeto politico e ideologico, quindi, di fatto, non esiste alcuna differenza tra i due se non la convinzione di avere, ognuno, la ricetta migliore da applicare alla dissennatezza (?) dell'attuale governo: "ma chi ce l'avrà messo lì?"
Necessario prologo a parte, in che cosa il libro citato ci aiuta a fare paralleli? 
Certamente il senso di irrealtà immanente: un luogo che differisce dal vero soltanto per pochissime variabili, ma che, di fatto, non è la realtà. 
Il suo legislatore, o la figura aleatoria di esso, che mantiene in essere un Governo fatto di manifesta apparenza e proclami in una popolazione assuefatta ai Media.
I pochi protagonisti: rappresentanza metaforica della popolazione che sembra rincorrere un traguardo di redenzione sociale a sconto, però, di un inevitabile sacrificio che necessariamente lascerà il segno.
Mentre le prime sono appannaggio descrittivo, seppur in senso lato, dell'attuale "destra e sinistra", la terza è tutta del Movimento. Come nello scritto, un pugno di volontari decide partecipare ad una competizione di cui non conosce realmente i risvolti e gli obblighi. La popolazione acclama ma, in se, nutre la sua stessa veemenza dalla sfida messa in gioco. E la marcia inizia. E il consenso è tanto; e i proclami sono tanti; e la convinzione di riuscire a cambiare è tanta. "E le scatolette di tonno rimangono chiuse".
La marcia è snervante, ha regole precise che non fanno eccezione per nessuno, e chi ne è abituato e artefice da tempo cammina con vari metri di vantaggio. 
Dove è la cittadinanza? Perché non reagisce a tali svilimenti? Chiediamolo? Sbagliato! Almeno per me. 
La Nazione vuole risposte, efficienze, comprensione e ausilio; della denuncia non se ne fa niente; delle chiacchiere per sensibilizzare non se ne fa niente; non si sconvolge dello sconvolgimento dei parlamentari 5S, anzi, ogni volta di più se ne allontana. Rimangono solamente i "credenti": coloro i quali fanno etica spicciola, sensibilizzano all'insegnamento e all'educazione civile, fanno gruppo per radunarsi a pulire un ciglio stradale, e assistono sicuri ai discorsi del Leader (che per loro è soltanto un portavoce necessario). 
Il tempo giudicherà la ragione. Io, non vedo niente di nuovo sotto il sole tra questi, mutuando un grande pensatore, "geniali dilettanti". 


Il mio editore (l'amministratore del blog) dice che non sono abbastanza provocatorio; che sembra quasi voglia trattenermi.
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