domenica 16 novembre 2014

Disagi scolastici

Si percepisce; e certo non sfugge ai genitori, quanto appare dall'atteggiamento dei propri figli di ritorno da scuola. Lungi dall'obbiettare sui principi educativi che ciascuna famiglia adotta con essi, non possiamo evitare di soffermarci su quegli accadimenti che sempre più spesso succedono, e che rischiano di creare una vera confusione di ruoli.
L'indole individuale di ogni bambino è unica e sola, e guai ad imporsi su di essa; inevitabile lo scontro che tante differenti personalità hanno quando devono esprimersi in un ambiente ristretto e ricco di precetti istruttivi. Lascia incuriositi, però, l'atteggiamento generale che si conviene a ciò quando, nel correre del tempo, si stabiliscono, ineluttabilmente, rapporti di forza tra di essi. Certo scontri tra bambini devono rimanere circoscritti alla di loro impietosa legge: a patto che esercitino entro i confini del lecito civile. Ciò che vorremmo notare è l'indulgere attivo di alcuni genitori, e il converso passivo che la classe insegnante parrebbe dimostrare. Spiegare è d'obbligo: come sopra descritto le differenze caratteriali e di postura emergono velocemente, e, dopo un breve periodo di studio, si stabiliscono alleanze e fronti di scontro. I nostri figli si troveranno da una parte o dall'altra; ma c'è un caso che sempre più spesso si verifica: un alleanza generalizzata che sconta su quegli elementi più remissivi (o sognatori e distratti se preferiamo), che mette in difficoltà anche l'equilibrio di chi, per età ed esperienza, dovrebbe invece esserne il giusto mediatore. La classe insegnante appare, ad uno sguardo attento, propensa alla trasmissione delle problematiche e, nel contempo, alla loro minimizzazione; proponendosi, con chirurgica accuratezza, di non offendere quei genitori che potessero elevare vibrate eccezioni. Politica scolastica o cauta tendenza a non complicarsi la vita? Certo sappiamo tutti molto bene che l'uso passato dei nostri padri di depositarci a scuola in totale balia dei "maestri" adesso risulta impensabile. Ricordo, però, con nostalgia, al varcare della soglia scolastica, il trasferimento di ruoli che consegnava la mia necessaria istruzione ad un genitore didattico. Egli scandiva, per alcune ore, il ritmo della mia esistenza coprendo l'ingrato compito di precettore, e quindi, più che mai, di educatore. All'interno di quell'esercizio, a meno di arbitrari suoi abusi, il suo operato era inappellabile, e ciò doveva rimanere. Era forse la più alta accettazione di responsabilità. Qualcosa che elevava il suo lavoro ad un autentica missione (nobile).
Oggi; vuoi per latitanza istituzionale; per una forma educativa parentale dimenticata; perché, in ultima analisi, è meglio liberarsi quanto più possibile delle responsabilità, affrontiamo un viaggio, insieme ai nostri figli, in cui "scuola" ha assunto un idea arbitraria e rimandata ad un concetto fatto di punti di vista soggettivi e spesso fuori luogo. E' forse la pressione del vivere sociale che trasmette le nostre ansie sui nostri figli? La condizione giornaliera che ci fa vivere (o sopravvivere) assaltati da troppi irrimandabili impegni consegnandoci all'insofferenza?
Qualsiasi il motivo abbiamo unicamente un compito come genitori naturali e corrispondenti didattici, ed è tutelare la discendenza.
E' forse troppo credere sia giusto un reciproco rispetto dei luoghi e dei ruoli che essi demandano?
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