domenica 1 luglio 2018

Qualche birra. Una sera....

A volte indugio su argomenti che sono troppo lontani perché uno sperduto, sconosciuto, blog di paese possa argomentare. In fondo nel nostro ristretto circolo rispecchiamo solamente un frazione minima della tragedia nazionale, e, contestualmente, ne siamo anche afflitti.
Parlare è d'obbligo delle imminenti amministrative di Fauglia, e di quelle forze che vorrebbero avanzare al suo governo. In tale eterogenia di proposte, degna della migliore armata di Capitan Fracassa, nella ripetizione periodica di vecchi propagandatori ed ex millantati amministratori, mentre assistiamo allo stallo di una sinistra paesana che tenta disperatamente la via del divisionismo per mantenere almeno la percentuale cumulativa alta, navighiamo noi. Il lavoro limita fortemente l'impegno e, spesso, nei giorni di riposo, preferiamo ciondolare inattivi alla ricerca di energia per ricominciare la settimana. Nella mia opinione più schietta la risposta e sempre semplice e senza indugio. Rincorro la novità; la esamino; la sviscero; e quando leggo che niente di passato possa ricondurvisi decido di provarla. Perché? Tenedenze autolesioniste credo.
Nell'inevitabile giostra quinquennale del voto non voto amministrativo a Fauglia dobbiamo farci la conta per decidere chi avrà l'ingrato quanto onorevole compito di governo. Certo in un Comune così piccolo verrebbe quasi voglia di utilizzare il metodo che 2500 anni fa creò Clistene in Grecia. Siamo così pochi. Fantasie a parte, però, vedo nel silenzio perdurante degli ultimi tempi un che di strategico: nessuno sta con nessuno (fatta eccezione per alcuni riconosciuti di vecchia data) e aleggia la formazione di gruppi e liste cittadine in numero quasi sovrabbondante per le dimensioni del territorio. Siamo tutti alla ricerca di un identità? Quale?
Di solito, quando i partiti guida derivano, le logiche elettive comunali prendono una loro strada particolare, come fosse una sorta di anticorpo mirato alla malattia indotta dai sopracitati partiti: formano liste civiche, patti sociali, gruppi solidali. Normalmente questi rivestono due funzioni precise:

a) distolgono l'attenzione dalla crisi del proprio partito di riferimento e
    conducono l'idea di un governo trasversale che radica negli stessi ideali
    ma senza i problemi che affliggono il partito stesso. Portano avanti il
    concetto per cui hanno imparato dagli errori e che stanno evolvendo, e
    con loro tutto il Comune.

b) Approfittano della situazione di indecisione e confusione politica per
    caricare su di se il patrocinio dello schieramento o partito più rilevante
    al momento e ne vestono gli ideali.

Dimenticavo la terza...

c) E davvero la meno nobile motivazione. Frazionare quanto più possibile in un
    improbabile rincorsa del caso che, in comuni piccoli come il nostro, potrebbe
    anche restituirtene il governo. Soluzione che in un sistema politico dove i
    partiti sono saldi non funziona.

Di per se una lista civica non ha niente di diverso o più rischioso di qualsiasi altra formazione, ciò che dobbiamo analizzare è l'efficacia ch'essa sottende in determinati periodi e situazioni. Fuori dai grandi centri i piccoli paesi finiscono sempre confrontandosi durante le elezioni comunali tra il partito di riferimento paesano e una o più liste civiche figlie nascoste di rappresentanze politiche che non avrebbero possibilità alcuna in quei paesi. Ragionamento contorto lo so!
Dietro la faccia di una lista civica si nasconde l'alibi con cui possiamo cambiare il voto senza apparire traditori dell'ideale espresso dal nostro partito o oriente di riferimento. Vige la regola del pragmatismo che mette davanti a tutto il bene del paese in cui risediamo.

Il simbolo e il nome sono un biglietto da visita a cui le persone, ancora, danno importanza basilare. Nel corso del tempo un termine, o la sua rappresentazione, ha sostituito la realtà degli intenti di chi li vestiva, tradendo il mandato degli elettori i quali, non senza colpa, hanno fatto di tutto per travisarlo.

In fine, quasi a volere postulare:
- La prima lezione che arriva dai politici è la assoluta mancanza di scrupolo e
  vergogna per le proprie decisioni e azioni. Essa perviene dalla continua
  assoluzione che forniamo loro con il nostro voto. Al contrario di essi noi
  affrontiamo con difficoltà tale capacità di cambiare idea, e ne proviamo
  vergogna e necessità (seppure a volte non richiesta) di giustificarla.

Non siamo in grado di perdonare, tra di noi, ciò che normalmente perdoniamo ai nostri eletti. Quasi a volerne stabilire la superiorità inventiamo atroci dilemmi a cui sono sottoposti e l'inevitabilità delle decisioni ch'essi sottendono.

I tempi si accorciano. E fra un po vedremo quali novità scenderanno nell'agone politico faulliese, e quanti sorprendenti nomi e simboli.

                                                                                              Artapollo




    

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